Roberto Cipriani
Premessa
La religione diffusa dell’Italia di oggi non differisce molto da quella del passato. Del resto una cospicua presenza islamica lungo la penisola non è neppure un fatto totalmente nuovo. Precedenti vicende hanno lasciato tracce indelebili di una cultura mediterranea non italocentrica ma legata al mondo arabo in più contesti, a partire dalla Sicilia in primo luogo.
Certamente la situazione contemporanea ha caratteri che mettono anche in evidenza attività e comportamenti di altra natura rispetto a quella abituale del quadro italo-cattolico. Tale maggiore visibilità non ha però nell’immediato un peso determinante. Se l’islam è ormai la seconda religione, per numero di fedeli, nella capitale universale del cattolicesimo, non si può sostenere – come ha intitolato la piena prima pagina un quotidiano di Istambul qualche mese fa – che “l’islam ha conquistato Roma” (una sorta di nemesi storica, dopo la conquista di Gerusalemme nel 1099 da parte dei crociati).
Detto questo della religione musulmana, è facile immaginare che pure le altre confessioni religiose, più o meno istituzionalizzate o più o meno movimentiste, non abbiano facile presa su un terreno certo già reso fertile dall’evangelizzazione cristiana e cattolica ma difficilmente ricettivo nei riguardi di altre fedi. I testimoni di Geova ci stanno provando con impeto e passione da molti decenni ma i risultati conseguiti non sono particolarmente visibili e pari agli sforzi compiuti attraverso i loro ripetuti tentativi di proselitismo a porta a porta, casa per casa.
L’indagine RAMP (Religious and Moral Pluralism) mette in evidenza, in verità, una certa superiorità numerica dei geoviti rispetto ad altre espressioni religiose, ma in termini comparativi la loro incidenza è minima se si tratta dello 0,6% degli intervistati. D’altra parte del pluralismo difficile è prova il contenimento – da molti decenni a questa parte – delle appartenenze religiose cristiane non cattoliche, che assommano tutte insieme ad un solo punto di percentuale.
Non c’è grande pluralismo se si dichiara cattolico il 97,5% e protestante od ebraico o musulmano o buddista o testimone di Geova od altro cristiano o non cristiano appena il 2,5%. La situazione non cambia se si calcola nell’universo di quanti hanno risposto sull’appartenenza religiosa: da una parte c’è il 79,3% che si dice cattolico, dall’altra c’è il 2% circa che risponde con altre opzioni.
A tutto ciò non è estraneo il sentimento di attaccamento alle singole chiese-comunità, come prova il fatto che – su un quesito a tal riguardo – quasi la metà dei rispondenti dice di sentirsi vicina o molto vicina (per un totale del 45,5%) al proprio riferimento istituzionale religioso. Il che significa che c’è poco agio per altre soluzioni, per altri percorsi esperienziali.
Singolare è peraltro il fatto che la percentuale degli appartenenti cattolici è perfettamente identica a quella di coloro che hanno sempre fatto parte della medesima chiesa, confessione, gruppo o comunità religiosa. Le trasmigrazioni da una situazione ad un’altra in effetti sono poco più dell’un per cento.
C’è poi da registrare una tendenza – è difficile stabilire fino a che punto consapevole – a legarsi in amicizia con i propri correligionari. In molti casi (il 42% dell’intero universo) nessuno degli amici o nessuna delle amiche pratica un’altra religione. Solo il 3% dice di avere tutte le sue amicizie con soggetti appartenenti a religioni diverse dalla propria.
Sugli obblighi religiosi imposti al genere femminile in talune circostanze non vi è particolare sensibilità in Italia, giacché si tratta di un’esperienza che non rientra nell’orizzonte quotidiano abituale. Tuttavia è interessante notare che ben il 66% della popolazione intervistata reagisce negativamente all’imposizione che per esempio obbliga le ragazze di una certa religione ad andare a scuola con il capo coperto. In questo caso probabilmente non si tratta di una sensibilità resa manifesta nei riguardi del genere ma di un’attenzione maggiore ai propri costumi, al proprio sistema tradizionale, che non pone divieti ed obblighi specifici in riferimento alla frequenza scolastica. Comunque l’atteggiamento di fondo resta valutativo a partire dal proprio orientamento religioso di base.
Ancora più alte sono le percentuali che coinvolgono questioni di rilevanza etica ma con motivazioni religiose, quali l’assunzione di droga per motivi di ritualità religiosa (il disaccordo sale all’83,4%), il diniego delle trasfusioni di sangue (il 91,5% non è per niente d’accordo), il ricorso al suicidio (ben il 94,8% mostra di non accettare tale soluzione quale conseguenza di una scelta religiosa).
Ancor più palese diventa il binomio atteggiamento-comportamento allorquando si considera la portata sociale delle presenze plurime di forme religiose in Italia. Solo un terzo della popolazione interrogata prende atto dell’arricchimento culturale che proviene dalla variegata articolazione di espressioni religiose attive nel Paese. Un terzo è nettamente contrario a tenere conto di questo apporto. Infine un altro 16,5% si dice sfavorevole. Dunque quasi la metà dei soggetti (48,7%) non apprezza il contributo culturale di religioni diverse dalla propria.
Percentuali simili si registrano ove si considerino gli esiti conflittuali di una presenza religiosa altra, ma invero con qualche punto percentuale in meno, a tutto vantaggio di una maggiore disponibilità nei riguardi della diversità.
Il confronto interreligioso appare piuttosto contrastato. Un quarto degli intervistati non è disposto a riconoscere elementi utili, in chiave di insegnamento, in altre religioni. Ma se il 14,3% mostra incertezza è invece evidente l’orientamento favorevole della maggioranza (si tocca il 60% dell’insieme campionato).
La consapevolezza del pluralismo religioso come dato di fatto non manca, giacché il 98,8% conosce in qualche modo l’azione dei testimoni di Geova. Il 33,4% è informato su Scientology. Si tratta invero di notizie frammentarie, di impressioni, di approcci generici e superficiali, nondimeno la percezione di una differenziazione religiosa resta evidente.
In particolare sulla libertà di religione c’è più accondiscendenza nei riguardi dei testimoni di Geova, di meno nei confronti di Scientology.
In definitiva la tipologia degli italiani è caratterizzata per un quarto dai difensori della fede cattolica, per la maggioranza dai possibilisti (che vedrebbero verità anche in fedi diverse dalla propria), per la minoranza dagli incerti e dai negatori di ogni esperienza religiosa.
Dal punto di vista dell’appartenenza religiosa la situazione del campione è riportata nella Tabella 1 che segue. Si può osservare una netta preponderanza di cattolici (79,3% del campione) tra coloro che hanno dichiarato di appartenere ad una chiesa, mentre coloro che hanno dichiarato di non appartenere a nessuna chiesa, che d’ora in avanti chiameremo non appartenenti, sono 403 (18,8% del campione).
Data l’esiguità della presenza, nel campione, di religioni non cattoliche si è deciso di concentrare l’attenzione sul confronto tra il sottocampione dei cattolici e quello dei non appartenenti. A tal proposito è bene precisare che i 403 non appartenenti non sono necessariamente non credenti; circa il 25% infatti dichiara di credere in un entità superiore (Dio). Ciò che quindi si intende analizzare in prima istanza è piuttosto l’influenza dell’appartenenza sulla morale individuale; alla religiosità invece saranno dedicate alcune considerazioni nella parte finale.
Atteggiamento morale dei cattolici: alcune ipotesi di tipologie prevalenti
Passiamo a vedere nel dettaglio le caratterizzazioni dei 6 gruppi scaturiti dall’analisi.
DESCRIZIONE ANALITICA DEI 6 GRUPPI
GRUPPO 1 I RIGORISTI
Dimensione: 362 soggetti (21,3% del campione dei cattolici)
Caratterizzazione degli atteggiamenti morali:
Si tratta del gruppo di coloro che sono convinti della funzione positiva della pena di morte per affrontare la criminalità. Ritengono inoltre che l’arrivo degli immigrati abbia influito negativamente sulla vita quotidiana e non amano in generale la presenza diversa vicino a sé.
L’obbedienza è il valore educativo che emerge maggiormente. Si è fieri di essere italiani e si ritiene che l’evasione si possa sotto certe condizioni giustificare. È anche presente un certo egocentrismo. Nel lavoro si è contrari al favoritismo verso i familiari e si ritiene utile cambiare l’organizzazione delle attività lavorative per risolverne i problemi.
Caratterizzazione con variabili religiose e di sfondo:
Con un livello di istruzione spesso medio-basso, pur ritenendo importante la funzione della religione cattolica in ambito civile, il gruppo dei rigoristi non è particolarmente partecipativo e non svolge volontariato religioso. Mostra una spiccata tolleranza verso la pratica dell’aborto e ritiene importante anche il ruolo della scienza.
GRUPPO 2 GLI INCERTI TIMOROSI
Dimensione: 215 soggetti (12,6% del campione dei cattolici)
Caratterizzazione degli atteggiamenti morali:
Il gruppo si caratterizza per un atteggiamento indeciso nei confronti delle diverse tematiche morali proposte. I punteggi medi oscillano in genere tra il 4 e il 5 (ricordiamo che la scala va da 1 a 7). Sono presenti, tuttavia, una propensione superiore alla media del campione per il favoritismo verso i parenti nel lavoro ed un certo sospetto per l’immigrato.
Caratterizzazione con variabili religiose e di sfondo:
Anche in questo caso siamo di fronte ad un gruppo con un livello di istruzione spesso medio-basso, probabilmente per la presenza di molti anziani. Anche per questo emergono bassi livelli di reddito; inoltre è alta rispetto alla media la presenza dei senza lavoro. Il tutto si accompagna ad un certo esclusivismo religioso.
GRUPPO 3 I TRADIZIONALI CELEBRATIVI
Dimensione: 309 soggetti (18,1% del campione dei cattolici)
Caratterizzazione degli atteggiamenti morali:
A differenza dei due gruppi precedenti, nei quali su livelli diversi di convinzione un certo conservatorismo si accompagnava ad un atteggiamento favorevole alla pena di morte, in questo gruppo sono presenti sia il timore dell’immigrato sia un’avversione per la pena di morte. Inoltre il rigore verso il clientelismo familiare è in parte contrapposto all’accettazione dell’evasione fiscale nei riguardi di uno Stato che spreca o che impone tasse alte. Dal punto di vista educativo viene soprattutto evidenziato il valore dell’obbedienza dei bimbi. Il lavoro inoltre dovrebbe essere dato prima agli uomini che alle donne.
Caratterizzazione con variabili religiose e di sfondo:
Alcune delle variabili di sfondo sono simili al gruppo precedente (livello di istruzione generalmente basso ed un certo esclusivismo), si evidenzia tuttavia una maggiore importanza per l’aspetto celebrativo, la funzione dell’oggetto sacro e la partecipazione. Il gruppo infine appare assolutamente contrario all’aborto.
GRUPPO 4 I RADICALI APERTI
Dimensione: 305 soggetti (17,9% del campione dei cattolici)
Caratterizzazione degli atteggiamenti morali:
Questo gruppo, come anche quello che segue, è caratterizzato da un atteggiamento aperto rispetto ai problemi morali sollevati dall’indagine. Esso manifesta infatti una maggiore tolleranza per i problemi dell’omosessualità e dell’eutanasia. L’immigrato viene considerato al pari degli altri italiani e non come un pericolo. Spesso si ritiene che l’uomo non debba essere privilegiato rispetto alla donna.
Caratterizzazione con variabili religiose e di sfondo:
Con un livello di istruzione medio-alto, il gruppo vede una forte presenza della classe di età 35-44 anni e di singles. Spesso è espressa una scarsa vicinanza alla chiesa, insieme con la tolleranza e l’interesse per altre religioni. Tale apertura si estende anche alle opinioni sull’aborto. Inoltre viene espresso un certo favore verso la laicità dello Stato.
GRUPPO 5 I PRATICANTI IMPEGNATI
Dimensione: 379 soggetti (22,3% del campione dei cattolici)
Caratterizzazione degli atteggiamenti morali:
Una forte influenza religiosa e della coscienza nelle scelte personali e l’interesse verso la politica sembrano essere i tratti distintivi di questo gruppo, che si caratterizza anche per una forte apertura verso la presenza straniera e per la tolleranza nei riguardi del barbone vicino. Si è fortemente contrari alla pena di morte e prevale un atteggiamento di rifiuto sia del favoritismo familiare nell’ambito lavorativo sia dell’evasione fiscale, in qualunque situazione essa si manifesti.
Caratterizzazione con variabili religiose e di sfondo:
Anche in questo gruppo si registra un livello di istruzione medio-alto, che in alcuni casi si accompagna anche a redditi alti. Si rileva un alto grado di convinzione religiosa, che spesso influisce sulla vita di ogni giorno. La partecipazione era per molti già presente in adolescenza. L’aspetto celebrativo è anche esso importante. Inoltre si manifesta una certa tolleranza per altre religioni. L’impegno politico risulta più caratterizzato nella direzione del centro-sinistra e con connotati anti-leghisti. C’è una buona disponibilità verso l’altro che soffre, sia vicino (barbone) che di altri paesi. Infine in alcuni casi viene praticato il volontariato.
GRUPPO 6 I NEGATIVISTI
Dimensione: 133 soggetti (7,8% del campione dei cattolici)
Caratterizzazione degli atteggiamenti morali:
Le risposte fornite da questo gruppo alle questioni di tipo morale sono tutte di segno negativo (ossia del genere ‘‘per niente d’accordo’’ oppure ‘‘pessima ragione’’). I negativisti in buona parte considerano nullo il controllo sulla propria vita e non si ritengono influenzati dalla religione, tantomeno dalla coscienza e dall’educazione ricevuta. Non vedono positivamente la presenza straniera in Italia ma non considerano neanche gli italiani come dei grandi lavoratori. Gli aspetti relativi all’educazione dei bambini non sono ritenuti di rilievo o di interesse.
Caratterizzazione con variabili religiose e di sfondo:
L’atteggiamento sulle variabili religiose e di sfondo conferma pienamente quello sulle questioni morali. Colpisce la particolare concentrazione di questo gruppo nelle due regioni del Lazio e del Piemonte, contemporanea alla quasi assenza nel Nord-Est. Si evidenziano anche scarsa tolleranza verso altre religioni e poco interesse per il messaggio della scienza.
Confronto con l’atteggiamento morale dei non appartenenti
Analizziamo ora come i non appartenenti si distribuiscono nei 6 gruppi descritti in precedenza. Possiamo notare che oltre il 57% dei non appartenenti si distribuisce nel 1° e 4° gruppo.
Se confrontiamo tale risultato con quello analogo dei cattolici, ricaviamo innanzitutto un forte incremento del peso percentuale dei radicali aperti rispetto ai praticanti impegnati ed ai tradizionali celebrativi, come d’altronde era da aspettarsi considerando che assegniamo ai 6 gruppi soggetti che nella gran parte non credono.
All’interno di ciascun gruppo si possono inoltre evidenziare alcune diversità di comportamento tra cattolici e non appartenenti.
Per quanto riguarda il primo gruppo i cattolici manifestano un maggior livello di rigore morale e di attenzione per i problemi educativi, tendono meno a giustificare l’evasione fiscale e sono meno nazionalisti-maschilisti, sono inoltre più intransigenti verso il favoritismo familiare.
Nei gruppi successivi si notano differenziazioni più sfumate tra i due sottocampioni. Esse riguardano: nel secondo gruppo un maggior nazionalismo-maschilismo dei non appartenenti; nel terzo una maggiore intransigenza dei cattolici verso il favoritismo familiare (che si verifica anche nel quarto, quinto e sesto gruppo); nel quarto inoltre i cattolici manifestano maggiore tolleranza per omosessualità ed eutanasia e sono meno propensi dei non appartenenti ad accettare che si possa rifiutare il lavoro; nel quinto gruppo i non appartenenti vedono meno negativamente la situazione odierna rispetto a 10 anni fa; nel sesto i cattolici esprimono livelli più contenuti, sebbene sempre elevati, di negatività per quanto riguarda l’aspetto educativo e il rifiuto del lavoro.
Non sembrano invece emergere comportamenti diversificati per quanto riguarda l’atteggiamento assunto rispetto alla pena di morte.
Considerazioni conclusive
In generale si può sostenere che quasi un quarto del campione intervistato è su posizioni difensiviste della propria appartenenza religiosa. Ben più ampia è la presenza di quanti manifestano un’appartenenza più debole, ma non sino ad annullarla del tutto. Non mancano poi gli incerti ed i negatori, ma rappresentano quote più contenute.
In definitiva vi è un continuum quasi senza soluzione che va dall’identità forte sino alla separatezza totale.
La tipologia scaturita dalla nostra analisi statistica mette in evidenza la caratteristica della pratica religiosa (22,3%) come elemento maggioritario con appena un punto di differenza in più rispetto al gruppo di quanti si distinguono per il loro rigorismo (21,3%). Se si aggiunge poi la percentuale (18,1%) dei tradizionali si completa un quadro di tendenziale allineamento con i principali contenuti di riferimento dell’appartenenza. Non sono tuttavia da trascurare le componenti dei radicali (che raggiungono il 17,9%) e degli incerti (che arrivano al 12,6%).
Appare infine in linea con i risultati di una precedente indagine nazionale (Cesareo et al., 1995) la quota di negativisti (7,8%), che non è molto diversa quantitativamente dalla quota dell’8,9% già nota in riferimento al territorio italiano.
Se si sommano le categorie dei praticanti, dei rigoristi e dei tradizionali si ottiene una maggioranza assoluta di intervistati che, toccando il 61,7%, risulta – seppure in forma articolata – abbastanza interna al quadro religioso cattolico. Già l’abbinamento fra rigoristi (21,3%) e tradizionali (18,1%) costituisce uno zoccolo fondante di un’appartenenza a tutta prova che riguarda il 39,4% degli intervistati. Tale quota-parte del campione non è dissimile dall’insieme di quanti manifestano una sostanziale vicinanza alla propria chiesa.
La presenza della categoria di un 21,3% di rigoristi fa il paio con l’atteggiamento di chiusura totale verso altre religioni reso esplicito da un quarto del campione degli intervistati. Un’altra conferma è data anche dal livello di incertezza su questo punto (14,3%), solo di poco superiore alla categoria di incerti timorosi (12,6%) accertata in questa medesima analisi statistica.
A parte i rigoristi ed i tradizionali, va tuttavia rilevato un fronte molto largo di “aperturisti” verso altre esperienze religiose: sono gli stessi praticanti impegnati ed i radicali aperti che congiuntamente sono il 40,2% della popolazione interrogata. Ma anche gli incerti si schierano in buona misura a favore della sola chiesa cattolica per il finanziamento da parte dello Stato.
Di particolare interesse è la categoria dei radicali aperti, forse la novità maggiore di questo studio. Sono soggetti pervasi da una marcata modernizzazione e secolarizzazione degli atteggiamenti. Il loro impegno verso il sociale e nel sociale è particolarmente evidente: lo dimostra lo stesso orientamento piuttosto contrario alla pena di morte. Il condizionamento religioso c’è ma è più attenuato rispetto al resto dell’universo. Nei confronti degli immigrati si registra la maggiore apertura. Ed in definitiva si assiste ad uno slittamento da valori tipicamente religiosi ad altri di natura più laica. Non si abbandona del tutto l’alveo religioso ma si prescinde da riferimenti tipicamente istituzionali. Ciò è reso possibile anche da un livello formativo-scolastico più alto. In generale si è favorevoli a prospettive innovative, fra cui il sacerdozio femminile. Ma forse l’elemento più caratteristico rimane l’apertura verso altre religioni, una sorta di propensione all’ecumenismo senza remore, condizioni, riserve. E nel frattempo si riduce, a livello personale, la frequentazione della preghiera, forse anche in connessione con la scarsa vicinanza alle posizioni di chiesa.
Più scontata risulta la categoria dei rigoristi, con un livello medio di istruzione, favorevoli alla pena di morte e contrari all’immigrazione, ma pure rigidi in materia etica a livello generale. Il loro coinvolgimento religioso non è di particolare rilevanza.
Fra i tradizionali celebrativi prevale l’età avanzata, insieme con elementi già presenti tra i rigoristi (specie in tema di immigrati), ma in campo religioso la differenza è più netta: i riti sono ritenuti importanti, la credenza in Dio è molto diffusa, la vicinanza alla chiesa abbastanza sentita, l’esclusivismo cattolico sostenuto con vigore, la religiosità piuttosto manifesta, l’innovazione religiosa non favorita. Insomma rigoristi e tradizionali sono abbastanza simili ma non nell’aspetto religioso, dominante nei secondi ma non altrettanto nei primi. Ed in fondo i radicali aperti sono quasi l’opposto dei rigoristi, segnatamente in tema di immigrati e pena di morte, mentre sono più vicini (anche se non del tutto) ai tradizionali in materia religiosa ma senza coinvolgimenti negli aspetti celebrativi e senza chiusure preconcette verso le novità.
I praticanti impegnati, cioè la maggioranza relativa del campione esaminato, hanno evidenti connotazioni socialmente orientate (a favore degli immigrati come della religione, dell’etica comportamentale come della politica; contro la pena di morte, il nepotismo, l’evasione fiscale). Ma la loro specificità è indubbiamente il profilo religioso a tutto tondo: militante, praticante, ortodosso, altruistico, orientato a sinistra, ritualista e celebrativo.
Il gruppo degli incerti si connota per una scarsa attenzione ad una prospettiva etica ben definita, giacché manifestano un atteggiamento che propende per il mantenimento della pena di morte, un orientamento contrario alla crescita di flussi migratori, una accondiscendenza per l’evasione fiscale. In pratica viene rovesciata qualche caratterizzazione offerta dal gruppo dei rigoristi, ma è pure confermata qualche propensione non “aperturista”. In campo religioso gli incerti fanno riferimento solo a qualche elemento generico.
Da ultimi vanno presi in considerazione i negativisti, la minoranza significativa del campione che combina tendenze non oblative verso gli immigrati con orientamenti di rifiuto della disobbedienza fiscale. Fra di essi appare del tutto assente ogni sensibilità religiosamente orientata.
Il pluralismo è di fatto assente sia in campo morale che religioso soprattutto fra i rigoristi. Il pluralismo morale si ritrova fra i tradizionali celebrativi, fra gli incerti timorosi, fra i negativisti e fra i radicali aperti, ma non alligna fra i rigoristi ed i praticanti impegnati. Quello religioso è presente solo tra i praticanti impegnati ed i radicali aperti, mentre è di solito assente fra i rigoristi, i tradizionali celebrativi, gli incerti timorosi ed i negativisti. Il massimo di pluralismo sia morale che religioso regna fra i radicali non a caso definiti aperti.
In termini di continuità fra le categorie si va dunque dall’assenza totale di pluralismo nei rigoristi fino all’affermazione piena del pluralismo rilevabile tra i radicali aperti. Nel mezzo, lungo un ideale continuum, si collocano le altre quattro categorie, con una graduazione che privilegia ora l’assenza ora la presenza di una delle due forme di pluralismo, ma appare ben evidente dai dati empirici raccolti che il gruppo dei tradizionali celebrativi è più vicino a quello dei rigoristi che lo precede e dei praticanti impegnati che lo segue. La categoria degli incerti timorosi fa da anello di congiunzione fra i praticanti ed i negativisti. I radicali aperti chiudono la serie come espressione massima in termini pluralistici, epperò sarebbero di fatto a metà del metaforico guado fra quanti si dicono (e tendenzialmente sono) pluralisti e quanti lo negano. Infine è da considerare che il profilo complessivo degli incerti timorosi, dei tradizionali celebrativi e dei negativisti appare connotato allo stesso modo da pluralismo morale ed esclusivismo religioso, mentre è su un fronte opposto l’insieme dei praticanti impegnati che risultano esclusivisti in campo morale e pluralisti in campo religioso.
FLUSSO DI CONTINUITÀ DEL PLURALISMO
MORALE (M) E RELIGIOSO (R)
IN BASE ALLA SUA ASSENZA (–) O PRESENZA (+)
NEI PROFILI DEI 6 GRUPPI
Rigoristi: –M –R
ß
Tradizionali: +M –R
ß
Praticanti –M +R
ß
Incerti: +M –R
ß
Negativisti: +M –R
ß
Radicali: +M +R
Per avere maggiori dettagli sulla composizione interna delle modalità più o meno pluralistiche di ciascun gruppo si può considerare il quadro sintetico che segue.
RIGORISTI | ||
Pluralismo morale: assente | Pluralismo religioso: assente | |
Sì a pena di morte | No ai movimenti religiosi | |
No agli immigrati | Sì a scuole relig. sostenute da Stato | |
No al nepotismo | Sì a una sola vera religione | |
INCERTI TIMOROSI | ||
Pluralismo morale: presente | Pluralismo religioso: assente | |
Sì al nepotismo | Sì a solo una vera religione | |
Sì alla pena di morte | Sì a solo rel. catt. finanziata da Stato | |
No agli immigrati | ||
TRADIZIONALI CELEBRATIVI | ||
Pluralismo morale: presente | Pluralismo religioso: assente | |
No agli immigrati | Sì a solo una vera religione | |
Sì all’evasione giustificata | No a movimenti religiosi | |
No al nepotismo | Sì a solo rel. catt. finanziata da Stato | |
No alla pena di morte | ||
RADICALI APERTI | ||
Pluralismo morale: presente | Pluralismo religioso: presente | |
No al suicidio | Sì a Scientology | |
Sì agli immigrati | Sì a donne preti | |
No alla pena di morte | Sì a verità in molte religioni | |
Sì a lib. di imparare da altre religioni | ||
Sì a simboli religiosi proibiti nelle scuole statali | ||
Sì ai testimoni di Geova | ||
Sì a scuole rel. sostenute da Stato | ||
Sì a solo rel. catt. finanziata da Stato | ||
PRATICANTI IMPEGNATI | ||
Pluralismo morale: assente | Pluralismo religioso: presente | |
Sì agli immigrati | Sì ai testimoni di Geova | |
Sì a influenza della religione | ||
Sì a influenza della coscienza | ||
No al nepotismo | ||
No all’evasione giustificata | ||
No alla pena di morte | ||
NEGATIVISTI | ||
Pluralismo morale: presente | Pluralismo religioso: assente | |
No all’evasione giustificata | No a lib. di imparare da altre religioni | |
No agli immigrati | No ai testimoni di Geova | |
Sì al nepotismo | No a Scientology | |
No ai movimenti religiosi |
Se si passa dal gruppo degli appartenenti a quello dei non appartenenti i caratteri sinora delineati non mutano in modo considerevole. Aumenta certamente il peso dei radicali aperti, ma si nota anche – specialmente fra i rigoristi – una discreta differenziazione fra cattolici e non in campo etico-educativo, senza dubbio maggiore nei soggetti religiosamente orientati, che sono anche meno nepotisti e più ben disposti verso il mondo femminile.
Inoltre i cattolici classificati fra i radicali aperti appaiono, nel confronto con i non appartenenti al cattolicesimo, un po’ più disponibili ad affrontare i problemi dell’omosessualità e dell’eutanasia.
L’argomento della pena di morte merita invece una più attenta considerazione. I cattolici sono un po’ più sfavorevoli degli altri in materia di pena capitale. Se poi sono anche più istruiti il livello di contrarietà sale maggiormente. Ma va ribadito che l’appartenenza religiosa cattolica non spiega in modo significativamente apprezzabile in chiave statistica l’atteggiamento sfavorevole verso la condanna estrema.
In ultima analisi è confermata una ridotta propensione al pluralismo religioso, mentre maggiore è la frammentazione su tematiche morali. Il contesto culturale sembra avere un ruolo decisivo più che non la stessa appartenenza religiosa, visto che le attitudini non mutano sensibilmente nei due gruppi, dichiaratasi rispettivamente religiosi e non. Peraltro entrambi gli universi mostrano convergenze e divergenze al loro interno, ma con orientamenti che in linea di massima coincidono, anzi sembrano speculari fra di loro. Questo è il frutto del condizionamento cattolico sulla cultura italiana in generale oppure deriva da un ethos diffuso che contiene anche la variabile dipendente del cattolicesimo? L’interrogativo resta e segnala inequivocabilmente la necessità di ulteriori percorsi di ricerca.
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