Sommario
Questo saggio considera i genomi di una data comunità di microflora come una sorta di impronta digitale di uno specifico gruppo biosociale. Tale tipo di comunità non deve essere considerato come un mosaico in cui i singoli componenti individuali sono le tessere, ma come un quasi-organismo complesso e organico, che possiede un tipico “meta-genoma sociale” prodotto da tutti i genomi presenti nel mfDNA (acido desossiribonucleico della microflora) dei ceppi microbici costituenti.
Questa prospettiva apre un vasto panorama di suggestioni per la sociologia, offrendo la possibilità di analizzare tipologie di popolazioni molto diverse tra loro.
L’autore fornisce i parallelismi tra le analisi delle comunità di microflora biologica e le dinamiche delle società umane, mostrando anche come il mfDNA possa spiegare diversi fenomeni sociali (ad esempio: concorrenza, recrudescenza, simbiosi, parassitismo, interrelazioni economiche, finanziarie e agricole, società antiche e moderne, comunità virtuali basate su Internet).
Parole chiave:biologia; società; comunità.
Abstract
This paper considers the different genomes of a given microflora community as a kind of fingerprint or “meta-genome” of that specific biosocial group. In the light of this, the type of community should not be considered as a mosaic in which individual components are the tesserae, but as a complex and organic quasi-organism, which possesses a typical “social meta-genome” yielded by all the genomes present in the mfDNA (microflora deoxyribonucleic acid) of the constituent microbial strains.
This perspective opens up a vast panorama of productive suggestions for sociology, providing possibilities by which to analyse very different kinds of populations, including human societies.
The author introduces his thesis and provides several parallelisms between analyses of biological microflora communities and the dynamics of human societies, and also show how mfDNA can explain different social phenomena (e.g.: competition, recrudescence, symbiosis, parasitism, economic, financial and agricultural interrelations, ancient and modern societies, virtual Internet-based communities).
Keywords: biology; society; community.
Introduzione
In generale, la conoscenza scientifica della realtà assume forme prevalentemente monodisciplinari. Gli sforzi analitici interdisciplinari sono piuttosto rari e, il più delle volte, incontrano riserve, resistenze e critiche, rivolte soprattutto a questioni di contenuto e di metodologia. È difficile, tuttavia, negare che la presenza di prospettive differenziate possa conferire maggiore attendibilità ai risultati. Semmai, la questione critica è come superare la diffidenza che impedisce agli studiosi di rimanere aperti al confronto con ambiti al di fuori delle loro abituali aree di competenza e di mettere in discussione il know how che già possiedono. Indubbiamente la scelta interdisciplinare non interesserà gli studiosi che ritengono la propria l’unica disciplina veramente rigorosa, corretta e seria. Un fisico, ad esempio, che non considera l’etologia veramente degna dell’appellativo scientifico, troverà ancora più difficile uscire dal suo guscio e avventurarsi nell’area flessibile delle scienze fuzzy come la sociologia o la psicologia.
1. Biologia e sociologia
A dire il vero, precedenti tentativi operativi sono stati fatti per coniugare, ad esempio, biologia e sociologia, che hanno prodotto soluzioni miste, come quelle avanzate da socio-biologi come E. O. Wilson (1975), S. S. S. Acquaviva (1983), A. S. Franklin (2002), T. Newton (2003). Ma gli scarsi risultati di questi tentativi non devono necessariamente fungere da barriera ad ulteriori proposte di collaborazione interdisciplinare tra sociologia e biologia (in termini diversi e con una mente più aperta) riguardo allo sviluppo di aree di convergenza e divergenza, queste ultime a causa dei limiti tipici del soggetto umano. Si può fare riferimento, ad esempio, a casi di cosiddette scienze esatte ispirate a metodologie sociologiche (ad esempio la fitosociologia, che studia comunità di vegetali che emergono spontaneamente in natura) o etno-botanica (che studia i rapporti tra piante e uomo).
Il neonato riceve un particolare tipo di imprinting dovuto alla flora batterica della madre. Questa iniziale “contaminazione” viene attuata dalla vagina. Il bambino viene partorito dopo un certo numero di ore di contatto con il canale vaginale della madre. Nel caso di parto libero da interventi tecnologici, la madre, subito dopo il parto, porta spontaneamente il bambino al seno, non per nutrirlo, ma per guardarlo. Si tratta di un contatto profondo, causato da uno specifico cocktail ormonale di endorfine a cui madre e bambino sono soggetti in questa fase: questo processo è chiamato legame.
Quando nasce il bambino è composto solo da cellule proprie (c’è, però, una successiva trasmissione della flora batterica materna, dopo la nascita, comunque). Il sistema immunitario non è ancora attivo e, quindi, l’individuo è aperto all’acquisizione di molti elementi provenienti dall’esterno. Così, vari microrganismi cominciano a svilupparsi sul e nel corpo del bambino, a partire dalle parti esterne più facilmente raggiungibili (paradossalmente alcuni dei tessuti interni meno accessibili e sterili sono più malleabili) a causa dell’impatto esterno ed eteroclito. In realtà, il bambino, dal momento del suo concepimento, inizia un rapporto con un altro soggetto: la madre. Successivamente, dopo il parto, quando il neonato entra in contatto con l’ambiente esterno, alcune aree del suo corpo vengono invase da microbi. Ma, allo stesso tempo, anche il cervello, cioè il suo apparato mentale comincia a ricevere ed assimilare nuovi messaggi, inputs. Le loro caratteristiche, come quelle di microbi, protozoi, funghi e virus (che non sono cellule), non differiscono sostanzialmente gli uni dagli altri, visto che le loro strutture sono abbastanza simili. Una sorta di simbiosi si costruisce lentamente e gradualmente tra il corpo del neonato e la microflora dell’ambiente; ma tra questo e le voci, i toni e i gesti degli altri appartenenti all’ambiente sociale, emerge anche un altro tipo di simbiosi. Non a caso si parla di batteri simbiotici i quali coevolvono con i corpi umani che sono la sede del loro insediamento. Analogamente, si possono considerare simbiotici anche i legami tra la madre bambino e l’adulto-bambino. Questo tipo di simbiosi sempre crescente fa sì che il legame così stabilito diventi sempre più reciproco e imitativo, cosa estremamente utile nelle prime fasi di apprendimento e socializzazione. Bisogna però considerare il fatto che non si tratta tanto di un tipo di microrganismo, quanto di un ambiente microflorale (microrganismo che significa piccolo ma anche microbico) che colonizza varie parti del corpo. Lo stesso si può dire delle relazioni umane nelle prime fasi della vita: si assiste ad un sorprendente insieme di scambi interpersonali, linguistici e comportamentali, insieme ad abitudini che cominciano a cristallizzarsi e consolidarsi fino a diventare una sorta di fondamento su cui si fonda la nostra società, che sarà molto difficile da minare o cambiare in seguito nella vita. Lo stesso vale e riguarda ogni sfera dell’ambiente circostante nel suo complesso. È il caso, ad esempio, dei processi naturali di biodegradazione in cui gli inquinanti innescano una serie di procedure da parte di microbi, protozoi, minuscoli vermi ed altri piccoli metazoi, che li trasformano in liquidi inquinati e li purificano: è esattamente quello che succede ai sedimenti fluviali o ai fanghi attivi trattati dagli impianti di depurazione dei rifiuti urbani. Anche in questi ambienti entra in azione quella che potrebbe essere considerata una comunità microflorale, classificabile come il genoma di quei particolari contesti.
2. Trasformazioni e microflora
A livello umano, le trasformazioni avvengono come risultato di una serie di interventi-chiave che danno una direzione alla vita di un individuo, inducendolo a cambiare rotta per convinzione o come risultato di una scelta consapevole ed autonoma, anche se, in seguito, non è possibile stabilire quali possano essere i risultati di un’influenza presumibilmente significativa. Qualcosa di simile accade quando la microflora digerisce un inquinante, prima di rilasciare nuovamente la materia decomposta (anche sotto forma di gas) nell’ambiente. A questo proposito si può parlare di plagio o di educazione forzata.
Va notato che specifici elementi microflorali sono in grado di adattarsi ad ambienti molto particolari e si combinano, ad esempio, con contesti vulcanici o solforosi. È importante ricordare, tuttavia, che al di fuori di certi ambienti e nicchie ecologiche alcune componenti microflorali non sarebbero in grado di sopravvivere. Il contrario vale anche perché la microflora dentro e sul nostro corpo non sarebbe in grado di resistere in condizioni vulcaniche o solforose. Si può quindi affermare che gli elementi microflorali sono dotati di uno specifico e ben noto grado di adattabilità e complessità.
La microflora del cavo orale è diversa da quella della bocca e delle feci (di cui è una componente rilevante, che pesa circa un quinto del tutto). La sua struttura, tuttavia, è estremamente diversificata e, in questo, può essere paragonata a comunità sociali complesse e differenziate. Nel caso della società umana, la variabilità è ancora più ampia e varia e presenta caratteristiche condivise da un dato gruppo, ma anche in contesti lontani e non necessariamente simili. Soprattutto, occorre sottolineare esplicitamente e chiaramente un tratto della società umana: la società delle persone è sempre associativa e collettiva, con un proprio profilo costituente e distintivo.
Va sottolineato che la società nel suo insieme, come la microflora, non è un semplice mosaico composto da molte tessere, ma una struttura a sé stante, racchiusa, si potrebbe dire, in un particolare ambiente necessario al suo efficace funzionamento. Tuttavia, i componenti della struttura non rimangono confinati per sempre all’interno di questo quadro di riferimento, ma possono essere espulsi (come quando si tossisce, si soffia il naso, ecc.). Le minuscole parti strutturali rimarranno nella loro nicchia, svolgeranno le loro funzioni e cresceranno insieme. Allo stesso modo, un dato gruppo sociale rimarrà all’interno di un dato territorio, lo caratterizzerà, lo definirà, lo colonizzerà e lo trasformerà. Ora, se un unico elemento viene espulso dalla comunità microflorale o sociale qui descritta, non c’è garanzia che possa crescere altrove. D’altra parte, la sottrazione anche di un solo elemento può innescare il declino di tutti gli altri membri di una colonia microflorica, di un gruppo sociale, di un gruppo comunitario. Durante i processi di depurazione, come quello della biodegradazione degli inquinanti presenti nell’acqua, si verificano molte trasformazioni che portano, infine, alla creazione di una serie di prodotti dovuti al processo di biodegradazione stesso. Seguendo una simile procedura generale, si potrebbe dire che, anche nel caso delle società umane, il cambiamento dà luogo, giorno dopo giorno, a qualcosa di diverso, anche se la continuità con il passato non viene mai spezzata. In altre parole, le aziende sociali non ripudiano mai completamente la propria identità ma procedono per gradi, lentamente, costruendo sul preesistente.
Variazioni all’interno dell’ambiente microflorale possono portare alla patologia. Ad esempio, una quantità eccessiva di un dato elemento microflorale nella bocca può causare una malattia parodontale. Se una singola componente si sviluppa troppo, questo squilibrio altererà il microambiente di tutti gli altri elementi, cosicché la persona la cui bocca ospita questa microflora alterata subirà dolore e disagio. Può anche accadere che, in assenza di un elemento, tutti gli altri si possano riadattare. In breve, i membri di una comunità microflorica sono interrelazionati e gli squilibri prodotti si ripercuotono sull’ospite, sulla nicchia ecologica, sull’ambiente circostante, in modo biunivoco. Questo è esattamente ciò che si trova nei gruppi sociali o nelle comunità umane. La “sofferenza”, il disagio di un singolo membro ha un impatto sul resto del gruppo, in modo da produrre conseguenze, cambiamenti ed effetti di ogni tipo. Se un attore sociale esercita un potere eccessivo, questo fatto produce cambiamenti all’interno del rispettivo quadro sociale. Tutti gli altri membri del gruppo percepiscono questo potere come autoritario e quale imposizione, diverso, in ogni caso, dal normale flusso del “fluido” sociale, cioè della linfa sociale, il liquido “amniotico”, che garantisce la sopravvivenza di tutti gli esseri sociali.
3. La microflora del Mar dei Sargassi
A questo punto si può fare riferimento all’esame di Craig Venter dei microrganismi presenti nel Mar dei Sargassi (Venter et alii, 2004), dove la microflora presenta una sorprendente varietà morfologica, genetica e funzionale di specie microbiche, come si trova, inoltre, in altre matrici naturali, quali suolo, acqua, detriti. Ma il Mar dei Sargassi non avrebbe le sue singolari caratteristiche senza la sua particolare microflora, intesa come un insieme dinamico, alla pari di altri complessi microflorali.
Alcuni fluidi, tuttavia, per evitare gravi pericoli, devono essere sterili, come il liquido cerebrospinale o lo sperma e persino il sangue stesso; tutti questi sono privi di microflora, almeno quando il corpo gode di buona salute.
Da ciò si può dedurre che non è utile considerare singoli elementi indipendentemente da tutti gli altri, ma che è necessario concentrarsi sulla comunità nel suo insieme. In altre parole, è opportuno studiare il gruppo per cogliere le relazioni esistenti tra l’individuo e la comunità e tra il gruppo e i suoi singoli membri.
La coincidenza tra i fluidi corporei e la società liquida è veramente singolare; non è un semplice caso in termini baumaniani (Bauman, 2000, 2003). Questa coincidenza è accentuata dalla contingente situazione contemporanea, che testimonia la liquefazione delle strutture solide del passato. La mancanza di occupazione, la fine della sicurezza del lavoro e la maggiore mobilità delle persone, dovuta ai processi di globalizzazione, hanno creato condizioni che favoriscono una flessibilità non voluta e persistente (almeno per il momento). L’individuo e il sociale sono forse più interconnessi che mai, proprio come la microflora del DNA che si aggrappa quasi inestricabilmente al corpo umano. Ma un evento imprevisto può annullare il lavoro precedente, creando instabilità; allo stesso modo, l’azione di un essere umano e/o di un fattore biologico esterno e ambientale può minare il legame esistente tra una realtà microflorale del DNA e il corpo che lo ospita.
La cosa più intrigante è però il fatto che l’espulsione anche di un solo microbo dalla sua comunità produce effetti che non possono essere sottovalutati. Bisogna, naturalmente, scoprire le ragioni della separazione, ovvero la variabile indipendente che l’ha favorita.
4. Il determinismo situazionale
La teoria del determinismo situazionale avanzata da Lucy Suchman (1987), con la sua “cognizione situata” e “azione situata”, considera l’ambiente come parte del processo cognitivo e operativo; sostiene che la conoscenza è legata al fare ed appartiene a quadri sociali, culturali e fisici. È un dato di fatto, tuttavia, che oggi c’è una marcata tendenza a fare i conti con una modernità in cui non esiste più un rifugio solido, tendenzialmente statico, protettivo, di salvaguardia. In realtà, siamo ora costretti a rinunciare a molte certezze ed a lasciarci assalire da una miriade di preoccupazioni esistenziali di ogni tipo. La stabilizzazione di una comunità non è più un dato di fatto. L’inserimento lavorativo è una preoccupazione sempre più ricorrente. Fallimento e licenziamento si profilano all’orizzonte, che si avvicina sempre di più. La crisi socio-economica non è più una questione marginale che riguarda solo pochi. Instabilità e flessibilità sono praticamente la norma fissata nel tempo e nello spazio. Tutto sommato, come scrive Bauman, i lavori nei luoghi consolidati appaiono oggi come un ricordo del passato; non esistono competenze od esperienze particolari che, una volta acquisite, sono in grado di garantire un lavoro permanente e, soprattutto, a vita (Bauman, 2000: 161). Lo stesso si può dire degli elementi liquidi presenti in alcune cavità del corpo: non sono garantiti per durare nel tempo, esposti come sono al degrado ambientale, all’interazione con altri liquidi e con altre comunità batteriche che entrano in contatto con la mucosa orale, intestinale e vaginale del corpo. Questi fluidi biologici, una volta entrati nell’ambiente, sono soggetti ad ulteriori modificazioni, causate da vari agenti, compresi altri microrganismi. Anche la forma microbica determinata dai residui di mfDNA non dura molto a lungo eppure, sebbene non più vitale, può comunque permetterci di riconoscerne l’origine. Questo vale anche per gli individui sociali, le cui origini sono difficili da nascondere per vari motivi (dal linguaggio che parlano al colore della pelle, dai tratti somatici alle attitudini e comportamenti culturali). Le testimonianze di antiche civiltà, documenti, rovine e resti architettonici, che sopravvivono alle devastazioni del tempo ed alla distruzione, raccontano molto più della storia della loro specifica funzione originaria, riflettendo, come fanno, la complessità, la storia e le radici della società che li ha prodotti. Un’informazione simile non è affatto statica, quindi, ma le sue tracce assumono un significato dinamico e complesso alla luce della texture originale che l’ha generata.
La forma liquida è anche il mezzo per sfuggire alla solidità del potere, comunque esprimibile, ed entrare in mobilità, flessibilità e libera circolazione. La società liquida postmoderna sembra offrire gradi e campi di libertà sempre più ampi, anche se l’instabilità indebolisce i legami esistenti. E cioè l’appartenenza a comunità si riduce e porta all’affermazione di individui senza legami.
In termini più espliciti, Bauman sostiene che la solidità è una maledizione, come ogni altra forma di persistenza, perché quest’ultima è segno di pericolosa incapacità di adattamento ad un mondo che cambia in modo rapido e imprevedibile, alle opportunità che offre inaspettatamente ed alla velocità con cui le risorse di ieri diventano il peso di domani (Bauman, 2001: 231). In realtà, ciò che l’idea di individualizzazione porta con sé è l’emancipazione dal determinismo non scritto, ereditato ed innato al suo carattere sociale (Bauman, 2001: 144). L’individuo non può più contare su un rifugio in cui rifugiarsi. Non c’è più sicurezza.
5. Conclusione
Infine, una posizione da cui studiare l’organizzazione delle società umane (Donaldson, 2001) potrebbe essere quella fornita dall’approccio mfDNA che viene utilizzato per l’analisi delle comunità microbiche. Secondo questa prospettiva, la comunità non è né un mosaico né una somma di identità diverse, ma qualcosa di simile ad un nuovo essere composto, caratterizzato da un proprio genoma: appunto l’mfDNA. Si tratta, in particolare, di una sorta di colonizzazione, l’esito di eventi, contingenze, dinamiche probabilistiche, interrelazioni tra l’individuo (o la società) e l’ambiente.
Inoltre, la comunità non implica una mera lista di specie, ma un ambito che esiste per servire le loro rappresentazioni e interrelazioni relative, non semplicemente singole e biunivoche, agendo all’interno di una complessa rete multifattoriale caratterizzata da un approccio preliminare modellato matematicamente.