Roberto Cipriani
Fraternità, una disposizione a considerare gli altri come fratelli.
La fraternità si esprime con atti benevoli, con forme di aiuto e con azioni generose. Si manifesta specialmente nei momenti di maggiore bisogno, intervenendo in modo disinteressato, senza secondi fini. Viene indicata anche come fratellanza, per sottolineare che ci si tratta come fratelli. Può riferirsi pure ad un gruppo di individui che si amano fraternamente.
Alla base della fraternità come valore cui fanno riferimento molti individui che sono anche dei credenti c’è il rapporto di amore che accomuna i fedeli come figli di Dio e dunque fratelli fra loro. Questa concezione della comune appartenenza dà luogo a forme specifiche quali le confraternite religiose, formate soprattutto da laici che si dedicano ad attività caritative, a servizi di soccorso, all’organizzazione dei riti religiosi, alla sepoltura dei morti, ad opere di beneficenza, di misericordia e di pietà a vantaggio delle persone più povere ed emarginate. Un grande sviluppo di queste associazioni religiose si ebbe soprattutto nel periodo della Controriforma, cioè dopo il Concilio di Trento, in particolare nel 600. Ma va ricordato che anche la vita in comune degli ordini religiosi, maschili e femminili, è intesa come fraternità, tanto che i membri di una medesima congregazione si chiamano tra loro fratelli e sorelle. Lo stesso dicasi anche per coloro che fanno parte di una chiesa, di una comunità di credenti (cattolici o mussulmani od altri). In generale si tratta di una fraternità spirituale che oltrepassa quella carnale.
Il concetto di fraternità ha caratterizzato la Rivoluzione Francese del 1789, insieme con quelli di libertà e di uguaglianza. Più tardi, nell’800, l’idea di fraternità ha accompagnato lo sviluppo del marxismo, soprattutto in riferimento alle relazioni che si hanno all’interno di una medesima classe sociale, specialmente nel proletariato ed in generale nelle classi meno abbienti che condividono sia i problemi che le lotte per risolverli. Non a caso Primo Levi scriveva nel secolo scorso: “questa fraternità passiva, questo patire insieme, questa rassegnata, solidale, secolare pazienza è il profondo sentimento comune dei contadini”.
Una delle forme più evidenti di fraternità può essere rappresentata dalla fratellanza di sangue, praticata in varie zone dell’Africa. Vengono create delle parentele finte (non corrispondenti ad una relazione familiare reale) fra tribù, clan, gruppi. In tal modo una parentela inesistente viene trasformata in un rapporto di cooperazione, stretto con un patto di sangue, cioè con il versamento del sangue di coloro che fanno l’alleanza. Costoro si feriscono apposta, facendo sgorgare un po’ del loro sangue, che poi mescolano con quello della persona con cui vogliono apparentarsi. Questo semplice rito autorizza gli appartenenti a gruppi sociali diversi a considerarsi fratelli tra loro, appunto per la fratellanza contratta con il versamento congiunto del proprio sangue, poi unito in forma simbolica a significare la nuova condivisione della medesima fratellanza, indipendentemente dal fatto di non avere di fatto alcun legame familiare. Dalla fratellanza di sangue deriva un orientamento di fiducia, di affidabilità reciproca fra i nuovi fratelli, che divengono molto solidali fra loro. Nel Medioevo, peraltro, c’era la fratellanza di armi, sancita con un giuramento di fedeltà e di aiuto fra cavalieri.
Si parla anche di fraternità universale per indicare che tutti gli uomini e tutte le donne sono affratellati dal vivere la medesima condizione di vita, lo stesso destino di vita e di morte. Sorge da qui la spinta ad azioni di solidarietà, specialmente per risolvere i problemi più gravi di alcune popolazioni afflitte da mali di ogni genere (malattie, carestie, scarsità di acqua, difficoltà di sopravvivenza, scarsa alimentazione).
Infine si ricorre al concetto di fraternità per sottolineare il carattere particolarmente affettuoso di un’amicizia o di un legame di alleanza.